Vent'anni nell'assistenza domiciliare: intervista al centro PrivatAssistenza di Napoli

14 giugno 2023
Vent'anni nell'assistenza domiciliare: intervista al centro PrivatAssistenza di Napoli

È grazie a ingredienti come accoglienza, disponibilità all'ascolto, lavoro di squadra e qualità dei servizi che il Centro PrivatAssistenza di Napoli è diventato un punto di riferimento per le famiglie nel campo dell'assistenza domiciliare. In occasione dei suoi vent'anni di attività, abbiamo ripercorso con la titolare, la dottoressa Ivana Giordano, la storia di questa realtà, che è stata inaugurata nel 2003 a Chiaia e che oggi può contare su un centinaio di collaboratori, con una sede anche al Vomero.

Nell'intervista abbiamo cercato di scoprire la chiave di questa longevità, analizzando le opportunità e le difficoltà di questa professione e le evoluzioni che il mercato dell'assistenza domiciliare ha subito negli anni. Abbiamo approfondito anche le nuove sfide che un imprenditore è chiamato ad affrontare oggi in questo settore, i servizi su cui puntare e i fattori indispensabili per avere successo in questo lavoro, fatto di competenza e professionalità, ma soprattutto di passione e dedizione.

Dottoressa Giordano, perché avete deciso di puntare sull'assistenza domiciliare?

Tutto è iniziato per una scommessa familiare. Vent'anni fa questa attività è stata avviata da mio padre e mia zia che, allora, erano giovani pensionati. La scelta di PrivatAssistenza è nata per caso, vedendo la pubblicità di questa realtà su una rivista di business. Mia zia, che aveva lavorato nel campo sanitario e già all'epoca cominciava a non credere più nella capacità del servizio pubblico di offrire un'assistenza adeguata alla persona, decise di imbarcarsi in quest’avventura: lei si occupava della gestione dei servizi e dei contatti, mio padre dell'amministrazione. 

Allora avevo vent'anni ed ero una laureanda in psicologia. Ho sempre avuto uno spiccato interesse per gli altri, quindi questa attività mi incuriosì, e quando non dovevo studiare per preparare gli esami andavo in ufficio a osservare mia zia e mio padre lavorare. Nel 2018, dopo una lunga collaborazione come dipendente, mi hanno passato ufficialmente il testimone e adesso gestisco io questa attività, insieme a mio marito e con la collaborazione di due persone che ci supportano nelle procedure di ufficio.
 

Come si è evoluto il mercato dell'assistenza domiciliare in questi 20 anni?

Vent'anni fa il concetto di assistenza domiciliare era prettamente legato alla figura della badante, che si trasferisce a casa dell'assistito e, giorno e notte, provvede alle sue necessità e alla cura della casa, quindi la sfida che ci siamo trovati ad affrontare nel tempo è stata quella di contribuire a diffondere un'idea sempre più ampia di assistenza alla persona. Nel nostro centro abbiamo fatto la scelta di non offrire un servizio badante ma esclusivamente un'assistenza con personale sanitario specializzato

In questi vent'anni la popolazione anziana è progressivamente aumentata e, in parallelo, sono cresciute le problematiche legate a malattie degenerative come demenza, Alzheimer e Parkinson, che richiedono un'assistenza qualificata da parte di operatori con competenze sanitarie specifiche. Per questo motivo, le famiglie si sono gradualmente approcciate in maniera diversa all'assistenza, ricercando l'aiuto a domicilio di nuove figure professionali come l'Operatore Socio-Sanitario per l'assistenza di base, l'infermiere, il fisioterapista. 

Come centro abbiamo puntato molto anche sul benessere psicologico, non solo dei pazienti ma anche dei loro familiari: grazie ai miei studi, infatti, sono consapevole dell'importanza di offrire supporto ai caregiver che si trovano a fronteggiare malattie che snaturano completamente le persone che ne soffrono, quindi in questi anni ho lavorato molto sull'offerta di questo tipo di sostegno.
 

A quali difficoltà e sfide avete dovuto far fronte e come le avete superate?

Dal punto di vista organizzativo, la principale difficoltà che abbiamo dovuto affrontare è stata la ricerca di personale adatto allo svolgimento dei nostri servizi. Negli anni i corsi per Operatori Socio-Sanitari sono aumentati, ma molti di questi non fornivano la giusta preparazione, quindi ci trovavamo a ricevere moltissime candidature da parte di persone prive di una formazione adeguata: nell'arco di questi vent'anni abbiamo fatto colloqui a diecimila candidati ma avviato collaborazioni solo con 100-150 di loro, quindi la scrematura è stata notevole. 

Ancora oggi la selezione del personale è uno degli aspetti più complessi da gestire, perché molti pensano che chiunque possa fare l'Operatore Socio-Sanitario, ma in realtà non è così, perché non bastano le nozioni, servono un approccio empatico verso l'altro e la volontà di offrirgli l'aiuto di cui ha bisogno: chiaramente la professionalità è fondamentale, ma deve andare a braccio con una propensione personale nei confronti di questo lavoro. 

Criticità organizzative a parte, la difficoltà in assoluto più grande che abbiamo vissuto è stata la pandemia. In quel periodo siamo rimasti operativi ma, in quanto azienda privata, durante il lockdown non eravamo autorizzati a erogare assistenza a chi contraeva il Covid-19: non poter soddisfare le tante richieste che ricevevamo è stato veramente molto doloroso. Abbiamo cercato di dare aiuto in modo diverso, per esempio approfondendo i decreti legge emanati per contenere l'emergenza sanitaria e fornendo supporto telefonico a chi ci contattava per chiedere informazioni. Molte di queste persone sono tornate a rivolgersi a noi una volta risultate negative al test Covid, proprio perché in quei momenti di difficoltà si sono sentite accolte e sostenute.
 

Quali sono state, invece, le principali opportunità che vi si sono presentate?

Sicuramente il mio è un lavoro per cui ringrazio tutti i giorni, perché riuscire a dare aiuto agli altri è molto gratificante. Dieci anni fa ho seguito il corso con PrivatAssistenza per diventare prima dipendente e poi presidente dell'azienda e ricordo bene una frase che gli insegnanti ci ripetevano: voi siete un punto di riferimento per le famiglie e non dovete mai smettere di credere che sia così, qualunque difficoltà incontrerete sul vostro cammino potete affrontarla e superarla. La pandemia lo ha dimostrato: finita l'emergenza, per noi è stata una sfida ricominciare a dare sostegno agli altri, ma proprio da quella esperienza molto dura è nata la spinta per ampliare la nostra offerta di servizi, attivando per esempio le visite mediche specialistiche a domicilio, l'assistenza psicologica domiciliare, il trasporto per le persone disabili con dei soccorritori in collaborazione con la Croce Rossa.
 

Qual è il "segreto" per riuscire ad arrivare a 20 anni di attività?

L'accoglienza a 360 gradi. Accoglienza nei confronti delle persone che si rivolgono a noi, ma anche nei confronti dei nostri collaboratori, che si devono sentire ascoltati, compresi, apprezzati e valorizzati dal loro datore di lavoro. Come azienda vogliamo essere un punto di riferimento per chi ci richiede un servizio ma anche per chi lo svolge per noi andando a “rappresentarci”, come diciamo sempre durante i colloqui. Siamo tutti parte di una grande famiglia e, così come pretendiamo impegno dai nostri collaboratori, allo stesso modo li ringraziamo per quell'impegno e siamo sempre al loro fianco per aiutarli a svolgere al meglio il loro compito: in quanto responsabile mi piace essere molto presente, tenermi informata sul lavoro dei nostri operatori, intercettare subito eventuali problematiche o criticità e intervenire per risolverle. 

È fondamentale fare squadra con chi è in ufficio, con i collaboratori sul campo, con le famiglie, perché tutti siamo impegnati per raggiungere un obiettivo comune, come in una catena di montaggio che ha l'accoglienza come motore principale. E poi è importante crederci tanto, perché questo lavoro è molto impegnativo: assicuriamo una reperibilità h24 quindi non esistono sabati, non esistono domeniche ed è facile cadere nel burnout perché le difficoltà ci sono e, a differenza di quanto succede in un lavoro di ufficio, spesso vengono a casa con te. È un mestiere difficile, che richiede una vera e propria vocazione: la mia sfida è continuare a crederci e a far credere a chi lavora con me che il supporto che forniamo è importante e che dobbiamo offrirlo con convinzione e dedizione.
 

Quali consigli darebbe a chi decide di intraprendere un percorso simile al vostro? 

Sicuramente, come ho già detto, un fattore cruciale è il lavoro di squadra, che non vuol dire solo avere un buon team in azienda ma anche essere aperti a nuove collaborazioni con realtà esterne per potenziare la propria offerta: la convenzione che abbiamo attivato con la Croce Rossa per assicurare alle persone con disabilità il trasporto con mezzi con pedana ne è un esempio. 

È importante avere la capacità di mettersi in gioco, non sentirsi mai arrivati, saper intercettare i nuovi bisogni del mercato e impegnarsi a soddisfarli attraverso l'attivazione di nuovi servizi. Giorni fa, per esempio, mi è stata richiesta una visita pediatrica a domicilio: fino a quel momento non fornivamo questo tipo di assistenza, ma l'esigenza espressa da una mamma in difficoltà mi ha dato lo stimolo per cercare un pediatra che ci permettesse di offrire anche questo servizio. Rispetto a vent'anni fa, il mercato è molto cambiato: prima l'assistenza domiciliare era una novità, dal 2018 in poi lo Stato ha iniziato a dare sovvenzioni per aprire questo tipo di attività sul territorio, quindi le realtà che operano in questo settore sono più numerose. C'è grande concorrenza e, per fare la differenza, sono essenziali la qualità, la capacità di ampliare la propria offerta per rispondere ai nuovi bisogni, la professionalità e l'impegno del proprio gruppo di lavoro.
 

Su quali servizi pensa sia indispensabile puntare?

La medicina a domicilio è senza dubbio un ambito sul quale investire. Per assicurare l'assistenza che il servizio sanitario pubblico, purtroppo, non è sempre in grado di garantire, credo che portare l'ospedale a casa delle persone sia il migliore obiettivo che ci si possa porre con il nostro lavoro, offrendo visite mediche, ecografie, fisioterapia, servizi infermieristici domiciliari e, in generale, tutte quelle prestazioni che è possibile erogare in ambito domestico. Rispetto al passato, inoltre, la tipologia di servizi richiesti dai clienti è cambiata: noi continuiamo a fornire assistenza a famiglie che abbiamo iniziato a seguire 10-15 anni fa e accompagnato dalle prime manifestazioni e per tutta l'evoluzione di una malattia degenerativa, ma oggi questo tipo di rapporto continuativo è più difficile, mentre è cresciuta la richiesta di servizi di più breve durata. Un esempio è rappresentato dalla riabilitazione dopo una frattura del femore, che ti porta ad assistere la persona per periodi di tempo più limitati, magari solo per 10-15 giorni. È quindi importante che chi decide di avviare oggi questo tipo di attività sia pronto ad approcciarsi al cliente in modo diverso da come abbiamo fatto noi e, nel progettare l'offerta di servizi, tenga conto di questa nuova dinamica lavorativa.
 

Quali sono le principali criticità che un imprenditore può trovarsi ad affrontare e come superarle?

Il principale consiglio che mi sento di dare a chi inizia questa attività è di definire subito in modo molto preciso gli aspetti organizzativi. Questo significa dividere bene i ruoli, non cercare di fare tutto da soli ma delegare nell'operatività, come abbiamo fatto noi dotandoci di personale che ci aiuti nella gestione dell'ufficio. Un supporto di questo tipo permette al titolare del centro di ritagliarsi del tempo da destinare ai rapporti con il territorio: soprattutto all'inizio, infatti, è importante farsi conoscere; PrivatAssistenza aiuta gli imprenditori a raggiungere questo obiettivo ma è fondamentale anche agire in prima persona, prendendo contatto con ospedali, studi medici e altre realtà locali per promuovere i propri servizi e avviare collaborazioni.

Un altro aspetto importante è la scelta del team di lavoro, che deve essere all'altezza del compito, ovvero disponibile, competente, accogliente, empatico, paziente: questo vale sia per chi sta in ufficio sia per chi scende in campo per fornire assistenza alle famiglie.

Naturalmente c'è da mettere in conto un investimento iniziale che permetta di fronteggiare almeno il primo anno di attività, in attesa che il lavoro si consolidi. Molte persone si avvicinano a questo settore mosse soprattutto da una logica imprenditoriale, perché credono che possa essere redditizio: certamente i risultati ci sono e danno soddisfazioni, ma questa è una professione che, per la sua natura, richiede soprattutto la giusta motivazione, che fondamentalmente consiste nella disponibilità all'ascolto e all'accoglienza dell'altro. Dal mio punto di vista, il migliore arricchimento per chi sceglie un lavoro come il nostro è dato dalle esperienze, dall'amore e dalla gratitudine che le famiglie che aiutiamo ci esprimono.

L'esperienza della dottoressa Giordano con il centro PrivatAssistenza di Napoli testimonia che aprire un'attività nel settore dell'assistenza domiciliare rappresenta un'opportunità professionale molto stimolante per costruire un'impresa di successo che vada a rispondere, con soluzioni concrete, alla domanda di servizi e prestazioni socio-sanitarie del proprio territorio.

Se sei un imprenditore con una vocazione all'accoglienza e all'aiuto dell'altro e hai voglia di metterti in gioco in questo mercato, entrare nel network di PrivatAssistenza può aiutarti ad avviare la tua attività. Contattaci e ti forniremo il supporto e la formazione di cui hai bisogno per intraprendere questo percorso, aprire un centro e diventare Home Care Manager.

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