Giappone e robot care: i nuovi assistenti per anziani

23 gennaio 2019 Studi e ricerche
Giappone e robot care: i nuovi assistenti per anziani

Giappone e robot care: i nuovi assistenti per anziani
Il Giappone punta sull’intelligenza artificiale per risolvere uno dei più importanti problemi sociali del paese: l’invecchiamento della popolazione e la gestione degli anziani. Da questa esigenza, infatti, nasce l’idea di robot utili all’assistenza infermieristica, con circa 5000 case di cura in tutto il paese già coinvolte nella sperimentazione.

Come nella struttura di Shintomi a Tokyo, dove donne e uomini, seduti in cerchio, cantano insieme la famosa canzone per bambini “Yuyake Koyake” (tradotto, “Il tramonto ardente”) guidati da Pepper, un robot realizzato dal gigante delle telecomunicazioni e internet SoftBank.

Da sempre, il Paese del Sol levante è primo al mondo per la sua robotica avanzata. La maggior parte delle aziende vedono un grande potenziale nei “carerbo” ovvero robot destinati a prendersi cura degli anziani, considerato che oltre un quarto della popolazione giapponese ha più di 65 anni, con la percentuale più alta di qualsiasi paese dell’OCSE.  La conseguenza di questa tendenza demografica è la carenza in termini di offerta d’assistenza che, assieme alla particolare affinità culturale dei giapponesi anziani con i robot, rende il lavoro sui carerbo una vera e propria necessità sociale.

Nonostante questo mercato sia ancora in fase embrionale, il governo giapponese si aspetta che nei prossimi due anni il suo potenziale arrivi a triplicare, fino ad arrivare a circa 480 milioni di dollari. Ottime prospettive per il settore, malgrado i ricavi in percentuale siano notevolmente inferiori rispetto al mondo della robotica industriale e di servizio, a causa dei costi molto alti e il basso numero di soggetti che si può permettere un robot personale.

Dal canto suo, il fondatore di Cyberdyne, un’azienda di robotica specializzata in componenti sofisticate, ha affermato: "Quando Steve Jobs ha inventato il personal computer non c'era un mercato per questo". Proprio grazie tale concetto, Yoshiyuki Sankai è riuscito a persuadere le compagnie private di assicurazioni sanitarie, come AIG, spingendole a contribuire e coprire il costo di alcuni dei suoi prodotti.

A Shintomi la maggior parte delle attrezzature non sono veri e propri “assistenti robot”, ma automi che aiutano il personale delle case a sollevare, spostare e monitorare i soggetti anziani.

Cyberdyne, cercando di seguire la linea di Panasonic che ha creato un letto capace di trasformarsi in sedia a rotelle, ha inventato una tuta robotica che supporta la zona lombare degli assistenti, rispondendo a segnali bioelettrici del corpo del paziente e aiutando il personale a movimentare gli anziani in sicurezza.

Sono stati anche messi a punto particolari sensori nel letto capaci di avvisare quando un paziente si avvicina al bordo, rischiando di cadere, oppure quando ha bisogno del bagno, tramite un controllo dei movimenti intestinali dell’anziano.

Sono invece i robot che comunicano e forniscono compagnia i più popolari tra i pazienti di casa Shintomi, cercando di reinterpretare il successo di Aibo della Sony, un cane robotico in grado di fare compagnia agli anziani.

Nonostante, ad oggi, la tecnologia dei robot abbia ancora molta strada da fare, si stima che in Giappone possano arrivare a porsi in completa sostituzione degli operatori sanitari

"Questo non accadrà finché non ci sarà la sontaku ", dice Yukari Sekiguchi, manager di Shintomi, riferendosi al concetto giapponese di comprensione implicita. "Non si può dire da un'occhiata che qualcuno immagina una tazza di tè”, afferma Kenichi Yoshida, che gestisce la divisione di robotica di SoftBank e comunque, per ora, solo gli umani possono svolgere compiti come lavare i denti ai pazienti o rasarli.

Molti residenti di Shintomi sono già più entusiasti dei robot di quanto non lo siano di alcuni degli operatori, osserva Sekiguchi, e un recente studio nazionale ha rilevato che l'utilizzo di robot ha incoraggiato oltre un terzo dei residenti a diventare più attivi e autonomi.

Sarà questo il futuro dell’assistenza?

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