Anziani e Covid-19: l'emergenza psicologica oltre a quella sanitaria

28 maggio 2020 Emergenza Covid
Anziani e Covid-19: l'emergenza psicologica oltre a quella sanitaria

L’associazione Senior Italia FederAnziani, in collaborazione con WINDTRE e SIPEm SoS Federazione per il supporto psicologico degli anziani soli, ha istituito un numero verde dedicato agli anziani soli che necessitavano di un supporto psicologico durante le fasi più convulse dell’emergenza da Coronavirus, caratterizzate dall’impossibilità quasi totale di muoversi dalle proprie abitazioni. La linea è ancora attiva, ma quello che più stupisce sono i numeri che l’associazione è stata in grado di raccogliere durante le prima settimane di operatività. Numeri che raccontano di una vera e propria emergenza psicologica per la popolazione anziana lasciata, in molti casi, in completa solitudine.

I motivi delle chiamate

Il numero verde è entrato in vigore lo scorso 6 aprile e, dal primo bilancio, si evince che le persone che hanno chiamato sono perlopiù settantenni (30% del totale), seguiti da ottantenni (28%). Questi, nel 66% dei casi, si dichiarano soli, o comunque lontani dalle proprie famiglie. Come prevedibile, poi, il numero è stato utilizzato soprattutto da donne (70%).

I motivi della chiamata sono stati perlopiù la ricerca di compagnia e di conforto, insieme alla necessità di essere ascoltati, per combattere solitudine e frustrazione acuite dall’isolamento forzato.

In particolare, gli psicologi hanno spiegato che, nella maggioranza dei casi, le chiamate provenivano da persone che, a causa dall’isolamento forzato, hanno riscontrato difficoltà emotive ad adattarsi a questa nuova e inconsueta situazione.

Le persone che invece già avevano difficoltà psicologiche pregresse, hanno subito un loro acuirsi, causato dall’impossibilità di avere una sana interazione sociale. In questo secondo caso, il malessere e il senso di solitudine erano molto più profondi e radicati, e dovuti, perlopiù, all’impossibilità di incontrare i propri cari.

C’è poi chi ha mostrato particolari perplessità e ansie dovute non solo al rischio di contagio, ma anche alla difficoltà di capire i rischi sanitari e le procedure da seguire per evitarli. In alcuni di questi casi ansia e ruminazione mentale si sono acuiti.

Anziani e fase 2

Gli psicologi del SIPEm SoS sostengono che l'insicurezza sia il sentimento più comune per questa fase. Che la propria abitazione venga percepita come una prigione o come un luogo sicuro, quello che è certo è che sarà impossibile tornare a vivere la nostra vita come facevamo prima dell’emergenza, almeno nel breve periodo. 

Gli anziani poi, più di chiunque altro, continueranno a vedere il mondo esterno come una minaccia, e questo è dovuto a due motivi principali: innanzitutto gli ultrasessantacinquenni sono la categoria di persone più a rischio, in secondo luogo sono coloro che hanno maggiori difficoltà ad imparare nuove regole e nuovi modelli comportamentali.

In particolare, questi avranno maggiori difficoltà a indossare in maniera corretta e secondo le indicazioni prestabilite guanti e mascherina, o ancora a comprendere l’importanza del distanziamento sociale. Immaginate un anziano con problemi d’udito: farà fatica a non avvicinarsi al suo interlocutore per comprendere ciò che sta dicendo; o ancora, un anziano che rivede i propri nipotini dopo due mesi: per lui sarà difficile non abbracciarli. Queste situazioni andrebbero a incrementare il senso di frustrazione che già provano moltissimi anziani.

È però anche possibile uno scenario opposto, dove l’anziano, preda delle proprie ansie e paure, veda l’ambiente esterno e tutto ciò che lo caratterizza come una minaccia alla propria salute e, quindi, dal quale stare alla larga. Questo potrebbe portarlo a rifiutare completamente il contatto sociale, scegliendo così di isolarsi ulteriormente, con gravi ripercussioni psico-fisiche.

I consigli degli psicologi

Gli psicologi suggeriscono che tutti noi, preso atto del fatto che dovremo rinunciare a molte vecchie abitudini, dovremo prenderci il tempo necessario per assimilarne di nuove, usando piccoli errori di interazione con gli altri come occasioni per costruire una nuova routine, in grado di darci nuova stabilità.
Dovremo quindi essere più tolleranti con gli altri, soprattutto se anziani, aiutando chi “sbaglia” e chi ha difficoltà ad apprendere questi nuovi comportamenti.

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