L’elisir di lunga vita? Una comunità coesa e vicina agli anziani

19 maggio 2017
L’elisir di lunga vita? Una comunità coesa e vicina agli anziani

Quella dei centenari è un’armata destinata ad una crescita esponenziale: oggi sono oltre 17 mila ma sono destinati a esplodere fino a 157 mila quando saranno anziane le persone attualmente di mezza età. Questo aumento, però, non è equamente distribuito nelle città italiane e trova picchi di ultracentenari principalmente nelle località di Siena, Bologna e Firenze. Cos’hanno in comune queste città? Pur non essendoci delle vere e proprie spiegazioni, molti indizi fanno pensare che questo fenomeno sia correlato all’alta percentuale di laureati tra i grandi anziani; le probabilità di morire durante la mezza età, infatti, sarebbero decisamente inferiori per coloro che abbiano raggiunto livelli di istruzione alti.

Questo, però, non sembra essere l’unico fattore determinante. In Italia esistono diverse località con molti ultranovantenni laureati in cui, però, la densità di anziani non è così elevata da poter fare le stesse assunzioni a livello statistico. Si potrebbe, allora, pensare all’incisione della bassa natalità ma nemmeno questa spiegazione sembra essere sufficiente, dato che Bologna, per esempio, rientra nelle medie nazionali per quanto riguarda la frequenza delle nascite.

Si fa strada, allora, una spiegazione di diverso stampo: in queste città le reti delle relazioni sociali sono ben salde e uniscono diverse generazioni. La coesione sociale e una vita attiva sia fisicamente sia mentalmente sembrano, allora, essere gli ingredienti dell’elisir di lunga vita, una combinazione capace di offrire le basi per una vita più lunga e in salute.

A questo punto la domanda diventa un’altra: perché le altre città italiane non offrono le stesse aspettative e la stessa qualità di vita?

Se la solidarietà di quartiere e la vita di contrada sono il segreto per una felice vecchiaia, c’è da prendere atto che dipendono strettamente da tradizioni e cultura cittadina, ragion per cui non sono equamente diffuse in tutta la nostra penisola. Alle reti sociali, allora, si sostituiscono quelle dell’assistenza pubblica e privata: non potendo fare a meno della componente umana, della solidarietà e del controllo, la comunità, che in altre città sostiene la fetta di popolazione più anziana, viene sostituita da badanti, infermieri e assistenti. Pur non consentendo la prevenzione e il miglioramento dell’invecchiamento offerti dal sostegno della propria comunità, rimangono visi amici di fondamentale sostegno che spesso, oltre a curare i mali fisici, arginano i danni della solitudine.

Rimane un problema, però: l’assistenza domiciliare pubblica non è sufficiente a coprire la richiesta del sempre maggior numero di anziani e grandi anziani. Essendo la necessità di cure a domicilio un bisogno concreto, molti italiani hanno dovuto provvedere diversamente: laddove non arriva né la comunità né l’assistenza pubblica riesce quella privata. Oltre 12,6 milioni di persone nel 2016, in Italia, hanno infatti pagato di tasca propria un infermiere.

Le considerazioni, quindi, sembrano essere due: la coesione sociale è fondamentale per invecchiare meglio e vivere più a lungo ma, per vari fattori, non tutti ne possono beneficiare. Viene in soccorso, allora, un aiuto più istituzionale ma, comunque, ugualmente non ben distribuito. In attesa della possibilità di una ripresa di una vita cittadina più a misura d’uomo e fondata sulle relazioni e di un’assistenza pubblica più uniforme e sufficiente a coprire le crescenti richieste, l’assistenza sanitaria domiciliare privata rimane, dal punto di vista pratico, l’unica soluzione per garantire assistenza e sostegno a chi ne ha più bisogno.

Contatta il centro più vicino