Riconoscere e combattere la demenza con la Realtà Virtuale

18 gennaio 2018
Riconoscere e combattere la demenza con la Realtà Virtuale

Smartphone e visori 3D trovano un nuovo campo di applicazione nella lotta alle demenze. È stata infatti scoperta la possibilità di utilizzare la realtà virtuale – simulazione di spazi e movimenti tramite sofisticati sistemi tecnologici – come importante strumento diagnostico e terapeutico al fine di migliorare la qualità della vita di chi è affetto da Alzheimer o da altre forme di demenza precoce e senile.
Il risultato è frutto di diversi progetti a livello italiano e internazionale dedicati alle patologie degenerative, invalidanti sia dal punto di vista fisico, sia in termini cognitivi. Il rapporto con la quotidianità viene compromesso e si va in contro a un progressivo allontanamento dalla realtà. Ecco dunque la funzione della VR – Virtual Reality: fornire al malato un appoggio per vivere al meglio quella vita quotidiana che comincia ad apparire distante.

Un importante contributo arriva già in fase diagnostica grazie al videogame firmato Alzheimer Research UK, “3D Sea Hero Quest”, in grado di captare eventuali anomalie nel comportamento del “giocatore”. I campanelli d'allarme tipici delle demenze, come un cattivo orientamento spaziale e una ridotta abilità motoria, diventano a portata di realtà virtuale con un grande anticipo rispetto a quanto avviene con i metodi adottati attualmente.

Il progetto inglese “The Wayback” punta invece a suscitare emozioni positive attraverso un principio semplice quanto efficace: rivivere momenti del passato oltre la capacità dei ricordi, spesso compromessi a causa della demenza e del normale declino cognitivo, attraverso veri e propri “viaggi nel tempo” ricreati in realtà virtuale. È così che Elspeth, 79 anni e affetta da demenza, ha potuto rivivere le maschere, le musiche e l’atmosfera associate all'evento dell'incoronazione della Regina Elisabetta II, il 2 giugno 1953, quando era soltanto adolescente. La signora ha rievocato vecchi ricordi e trascorso momenti piacevoli, utilizzando semplicemente un’app installata sullo smartphone e un paio di occhialini 3D. Ciò significa che la strada intrapresa è percorribile anche su larga scala, senza necessità di attrezzature particolarmente costose o ingombranti.

Infine la VR applicata alla quotidianità, in un progetto tutto italiano supportato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dal Ministero della Salute: “l'obiettivo è quello di individuare segnali di una riduzione di alcune abilità cognitive, come quelle legate alle funzioni esecutive”, – spiega Giuseppe Riva, professore ordinario di Psicologia generale alla Cattolica di Milano, che ha coordinato il progetto. Già nelle prime fasi di declino cognitivo il paziente può mostrare difficoltà nello svolgere alcune attività comuni nelle piene facoltà mentali: pianificare e trovare la strategia migliore per fare la spesa od organizzare una ricetta di cucina, mettendo insieme in maniera corretta e nel giusto ordine gli ingredienti, ne sono un esempio.

“In tal senso – continua Riva – abbiamo messo a punto un labirinto virtuale, mediante “Cave”, due stanze in cui sono presenti tecnologie virtuali, all'interno dell'Istituto Auxologico Italiano. Attraverso queste stanze Cave, il paziente cammina e svolge azioni di vita quotidiana, e nel frattempo viene monitorato in ogni istante”.

Grazie ad un joypad e ad appositi occhiali il soggetto si ritrova a interagire con una serie di situazioni comuni all’interno di negozi o strade, venendo osservato in ogni azione e misurato in relazione al tempo necessario per completare i task. Da questa simulazione vengono estrapolati ed analizzati i dati al fine di identificare eventuali campanelli d’allarme del declino cognitivo. “Lo scopo è quello di anticipare la diagnosi, intercettando il paziente nella fase che precede la demenza, la cosiddetta Mild Cognitive Impairment. Ma oltre alla diagnosi, questi sistemi virtuali forniscono strumenti per stimolare la sfera cognitiva”, come spiega Riva.

Esercizi di questo tipo possono contrastare e posticipare l’insorgere delle patologie, considerando che già su 20 pazienti il metodo è risultato più efficace rispetto a quelli adottati tradizionalmente.

“Ora abbiamo iniziato una valutazione più estesa, su oltre 100 partecipanti che dovrebbe terminare nel 2018. Tuttavia l’utilizzo del Cave è aperto anche a pazienti non affetti dalla malattia ma che sono all’interno delle attività cliniche del Centro di Ricerca e Cura dell’Invecchiamento dell’Istituto Auxologico Italiano a Milano”.

Lo step successivo sarà la ricerca di soluzioni a domicilio: qualcosa grazie a cui il paziente possa continuare a esercitarsi come un’applicazione mobile per smartphone.

La VR si sta dimostrando molto promettente per la diagnosi e il trattamento di alcuni dei disturbi più comuni ed invalidanti della terza età. Restiamo quindi in attesa fiduciosa di ulteriori sviluppi sul fronte della lotta alle demenze.


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